mercoledì 19 ottobre 2016

Da Genova a Romezzano, tra horror e magia, “Il viaggio di Francesco”





Nei giorni scorsi ho letto “Il viaggio di Francesco” di Daniele Stasi (Giovanelli edizioni). Un libro che vede come protagonista Francesco, un giovane che lavora presso la Compagnia Unica del porto di Genova, e che trascorre un'esistenza avara di affetti e di avventure. A sconvolgere la sua vita arriverà però, ben presto, un gruppo di straordinari amici. Insieme intraprenderanno un lungo viaggio per salvare il piccolo paese di Romezzano, nelle colline bedoniesi, da una mortale minaccia.
Daniele Stasi, 35 anni, vive a Genova e lavora presso il porto come “rallista”, così come il protagonista del libro. Prima di questo, che è il suo primo romanzo, ha scritto anche molte poesie. 
“Il viaggio di Francesco” è un libro ricco di tratti autobiografici, soprattutto nella prima parte, in cui l'autore riversa la sua esperienza di lavoratore al porto di Genova. Ad un certo punto, però, il romanzo decolla, anche perchè la storia cambia radicalmente. Irrompono in scena, infatti, con decisione, elementi propri del racconto horror, e sembra di assistere a scene tratte da un fumetto di Dylan Dog, di cui Stasi è un appassionato lettore. 
Si vedano passi come questo: “Con raccapriccio Francesco vide metà della testa del collega esplodere, inondando il parabrezza con pezzi di cranio e materiale cerebrale”. La storia decolla, dicevamo, e il protagonista si trova alle prese con le potenze del male, esseri indefiniti, da incubo, che stanno sconvolgendo la vita di un piccolo paese dell'appennino. Qui si toccano elementi che richiamano saghe come il Signore degli anelli o Harry Potter e l'atmosfera del romanzo vira verso il cupo e le tenebre. Oscure, inquietanti presenze popolano le pagine: “L'uomo, se così poteva essere definito, aveva un viso tanto magro da sembrare un teschio; [...] la bocca dell'essere era anch'essa costantemente spalancata, in un grido silenzioso di terrore, formando una voragine nera di paura e angoscia senza fine".
Un romanzo senza dubbio originale, che mescola la narrazione alla poesia, elemento quest'ultimo dal chiaro potere salvifico, così come i due cani Sara e Zar, che avranno un ruolo non marginale nell'economia della storia. Poi ci sono l'amore e l'odio, in continua lotta.
Sentimenti, questi, che hanno largo spazio nel romanzo, e che connotano in particolare il finale del libro, quando si passa da lettere traboccanti d'amore per la cagnolina Sara, a passi intrisi dell'odio più nero, laddove si ripercorrono le vicende del vero Cattivo della storia, che non esiterà a togliere la vita ai propri genitori.
Un libro che, anche senza raccontare troppo del finale, si conclude con qualche sorpresa. Come sempre, da parte mia, il piacere di trovare ottime storie anche tra gli autori emergenti. Alla prossima.






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